"Un risarcimento di qualche milione non basterà di sicuro a farmi dimenticare le
sofferenze e i torti subiti in due anni di lavoro forzato in Germania, ma ben venga
comunque, perché è il minimo indispensabile per fare giustizia".
Così si era espresso, nel mese di febbraio, Giuseppe Bellomo, classe
1911, uno dei cosiddetti "schiavi di Hitler" superstiti, di fronte alla
prospettiva di essere indennizzato dopo oltre mezzo secolo dalla conclusione del secondo
conflitto mondiale. Ora finalmente quella che sembrava solo una vaga speranza si sta per
tramutare in realtà, grazie all'accordo firmato fra i rappresentanti del governo tedesco
e di quello americano. Gli ex lavoratori forzati - sono circa un milione e mezzo, ndr - e
fra questi anche Bellomo, ex falegname, riceveranno prima di Natale un gruzzoletto che
potrebbe arrivare anche a quindici milioni.
L'arzillo vecchietto acatese, che con tanta passione ancora realizza qualche
manufatto nella sua vecchia bottega di via XX Settembre, ha accolto la notizia con
moderata soddisfazione: "Non avrei mai creduto - dice - che risolvessero così
rapidamente la questione, ma se mi daranno, come sembra, questi soldi, sarà fatta
giustizia; anche se la cosa più bella, lo ripeto, è stata quella di essere riusciti a
tornare in Sicilia".
Giuseppe Bellomo, ex caporale di fanteria, l'otto settembre del '43 era
stato catturato in Grecia dai militari delle SS ed era stato tradotto in un campo di
concentramento posto vicino al confine con la Polonia. Successivamente, Bellomo era stato
trasferito, assieme ad altri tre compagni di Acate, in un'azienda agricola vicina al Mare
del Nord. Quando, poco tempo dopo, il terzetto acatese si rifiutò di combattere a fianco
dei nazisti contro gli Alleati, fu immediatamente separato. "Ricordo che quello fu un
periodo terribile. Fui costretto a lavorare duramente in una fonderia di ghisa della
Turingia, in condizioni disumane, fino all'arrivo degli americani. Era il 10 aprile 1945.
Ritrovai la libertà e la dignità calpestate per circa un anno e mezzo".