La trappola dei killer scatta che è già buio. Filippo Aiello, 62 anni, bagherese,
laurea in Filosofia, proprietario terriero - era fratello di Michelangelo, l'ex sindaco
accusato di mafia negli anni Ottanta - è appena sceso dalla Fiat Uno per chiudersi alle
spalle il cancello della tenuta in contrada Macconi, ad Acate, lungo la Gela-Scoglitti.
Sono le 21 di martedì, forse è un po' più tardi. Gli assassini lo colpiscono alla nuca,
con un bastone o con una fucilata: i carabinieri non svelano questo giallo, la ferita non
dà indicazioni chiare, lo dirà l'autopsia fra poche ore. Sarà la prima certezza di
un'indagine dai tanti interrogativi: Aiello è un imprenditore "palermitano",
uno dei tanti che hanno investito nella zona, è incensurato e gode di ottima fama, vive
ad Acate dal lunedì al giovedì, ed è la prima vittima fuori dai giri mafiosi in una
provincia dove i clan si fanno sempre più forti e spietati.
Gli inquirenti non escludono nulla: interrogano, ricostruiscono,
eseguono perquisizioni nel Ragusano e nel Palermitano. Aiello, ipotizzano, potrebbe essere
stato ucciso proprio dalla mafia, che sul business dell'agricoltura ha puntato gli occhi
da tempo, oppure da un paio di balordi a caccia di poche casse di agrumi. Oppure,
chissà... Non è raro che, da queste parti, ci siano incursioni notturne nelle aziende
agricole. Ogni tanto l'allarme di casa Aiello, collegato con la centrale di un'agenzia di
vigilanza privata, suonava. Dopo cinque minuti i metronotte erano in contrada Macconi,
avevano la chiave del cancello principale, entravano e controllavano. 'Ho sentito dei
ruomori, ho visto delle ombre' spiegava Aiello, che l'indomani trovava squarci nelle reti
metalliche e qualche cassa di arance in meno. Ma, per lui, a sentire gli amici, i
mezzadri, la gente con cui lavorava, queste incursioni notturne non erano un problema
grave. Non temeva nulla, nemmeno martedì sera. Ma ha dato le spalle agli assassini.
Il cadavere di Aiello è stato trovato poco dopo la mezzanotte dai
carabinieri. L'auto era ferma sul ciglio destro del vialetto che porta alla casa, il corpo
del professore ai margini di un campo coltivato a limoni, come se i killer avessero
tentato di nasconderlo. Sul cancello tracce di sangue. Qualcuno potrebbe aver sentito il
grido della vittima, un urlo contro gli assassini, il cane da guardia che abbaiava, e
così i sicari potrebbero essersi allontanati velocemente. Fino alle 20 il professore era
stato al telefono con uno dei suoi tanti amici della zona: volontari legati alla
parrocchia, studiosi, altri proprietari terrieri. Era tranquillo, sereno: parlava di
filosofia, della Bibbia, dei libri rari che collezionava da anni. Aveva comprato l'azienda
agricola di Acate, quasi cento ettari di terra florida, dodici anni fa, viveva solo nella
casa rurale dal lunedì al giovedì, tra i suoi libri, i mezzadri, le incombenze di chi
coltiva arance e limoni, e poi ortaggi e verdure nelle serre. Tutti lo descrivono come una
persona mite, generosa, legato alla moglie Maria Antonietta e al figlio Francesco, che
studia per la maturità. La famiglia Aiello si riuniva dal venerdì alla domenica a
Bagheria, a moglie e figlio l'imprenditore raccontava sempre dei suoi giorni trascorsi ad
Acate, rideva di chi pensa che fosse un ex sacerdote solo perché ha insegnato ai
Salesiani nel '65, a Ragusa, era molto religioso e citava a memoria passi della Bibbia. Di
giorno era facile vederlo in giro, a Vittoria: nell'ufficio dell'agenzia di vigilanza
privata, nel deposito dove comprava comcimi e sementi, al bar con qualche amico. Di sera,
invece, rare uscite.
Martedì, è certo, fino alle venti non aveva in programma di farlo.
Voleva dilungarsi al telefono con l'amico, parlare ancora di astronomia e matematica. Ma,
forse era destino, dall'altro capo del telefono avevano dovuto chiudere. Era già ora di
cena, 'ne riparleremo un'altra volta' era stata la frase di commiato. Poche ore dopo, a
mezzanotte, due carabinieri di pattuglia si fermano davanti al cancello aperto di casa
Aiello. E scoprono il cadavere.
Filippo
Lucentini
Giornale di Sicilia