Il messaggio per le feste natalizie del vescovo della nostra diocesi mons. Angelo Rizzo
Un augurio che non sia solo formale
Ricordarsi che non è il Natale di qualunque uomo ma del Figlio di Dio


   Non posso fare a meno di rivolgervi, come è consuetudine collaudata nella nostra città in ogni ceto di persone, l'augurio di Buon natale. E tuttavia avverto un particolare disagio nel farlo; nonostante la sincerità e la cordialità dei miei sentimenti nella formulazione degli auguri, credo che non sia più possibile affidarsi alla supposta ovvietà dell'augurio espresso in tutti i modi, in tutte le lingue, con tutti i mezzi di cui si dispone ed in tutti i luoghi in cui possiamo trovarci, con tutti i colori e le luci con cui lo si può veicolare.
   Certo l'augurio vuol essere auspicio di serenità, di pace, di gioia, di buona salute, di successo, di benessere e tutto ciò potrebbe anche essere accettato e gratificarci se quanto sopra augurato è coniugabile con la verità, l'onestà di base, la prospettiva dell'acquisizione reale e duratura e non di una speranza illusoria o di una meteora passeggera. Sì, perché la caduta di tanti autentici valori e l'insorgere scomposto o quasi istintuale dei desideri degli uomini può subire tali modifiche da farci cadere nell'illusorio e far apparire ai meno provveduti l'oggetto auspicato come vero bene la sua caricatura. Per tale motivo l'augurio di Natale per essere autentico non deve essere in alcun modo privato della sua specificità, e quando il Natale che si vuole celebrare è quello del 25 dicembre, solennità liturgica della Chiesa cattolica, non è una festività qualsiasi, tale da potercene cavare fuori una qualsiasi forma di appagamenti liberatori dell'uomo in preda alle più disparate frustrazioni.
   Il Natale del 25 dicembre non è il natale di qualunque uomo, che può attrarre a motivo della vaghezza delle sue forme infantili, il desiderio della bellezza, il richiamo intrinseco alla crescita, il fluire della vita, il sognare un di più onnivalente nell'essere, nell'opera, eccetera. Anche se, nella cultura popolare di base, si può esser certi che un riconoscimento acritico di questo natale è quello del Figlio di Maria, la donna di Nazaret che ne è la madre, la mia responsabilità pastorale mi induce a pensare che, a motivo del pensiero che si è fatto debole non solo nell'ambito morale, ma anche in quello del credere per la molteplicità delle sollecitazioni di una cultura secolare e di diverse opposte radici, bisogna temere che anche le mie pastorali dinanzi ai molti presepi allestiti con grazia ed arte, o rappresentati al vivo con personaggi ben preparati, richiede la esplicitazione indispensabile per evitare le deviazioni nell'interpretazione del messaggio racchiuso nell'evento della Natività di Betlem o quanto meno per farne una celebrazione adeguata, che ci inserisca nella volontà di Dio che nell'infinito, gratuito amore per noi uomini quell'evento ha voluto, ha preparato, ha preannunciato, ha compiuto nella pienezza dei tempi ed attraverso il ministero della Chiesa riattualizza da duemila anni nel mondo, perché rivivendolo ciascuno di noi sappia che il Figlio di Dio, il Verbo eterno, è diventato attraverso l'incarnazione Figlio dell'uomo perché noi figli di uomini in Lui diventiamo Figli di Dio.
   Ciò ha comportato l'incarnazione del Verbo, la sua natività, la sua vita nascosta nella casa di Nazaret, la sua preparazione nella bottega del falegname Giuseppe, la predicazione del Vangelo del Regno, la passione, la morte di Croce, la risurrezione e il dono dello Spirito Santo con la creazione della Chiesa a cui è affidata la nostra rigenerazione nell'obbedienza della fede, nella purificazione dal peccato, nella vita della grazia, nella testimonianza di fedeltà a Dio con l'amore a Lui ed ai fratelli fino al conseguimento della gloria nella vita eterna. Natale è tutto questo. Non può dire di celebrarlo da cristiano chi per la Santa festività non si rinnova nello Spirito.
   Allora sia per tutti Natale, nella grazia santificante che ci dia gioia e pace!

†Angelo Rizzo Vescovo