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"Biscari e il suo Martire che sorride" |
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Con questa ricerca avallata anche da riscontri scientifici, si è fatta finalmente chiarezza sull'identità del Santo. Le spoglie custodite ad Acate e venerate in più parti d'Italia, con molta probabilità, appartengono al diacono spagnolo Vincenzo di Saragozza, nato a Huesca, nel 280 d. C. circa e deceduto tra i 20 e i 25 anni. Il Santo di Acate, quindi, sarebbe il popolare martire spagnolo di cui parla Prudenzio nell'inno V del "Peristéphanon". Figlio del console Eutichio e di Enola, il giovane fu educato nell'amministrazione della carità dal Vescovo di Saragozza, Valerio, divenendo in breve tempo diacono e suo attivo collaboratore. Fu coinvolto nelle grandi persecuzioni che Diocleziano ordinò nel 303 ed imprigionato, insieme al suo Vescovo Valerio, per ordine del prefetto del pretorio Daciano, fu sottoposto a numerosi tormenti, ma non rinnegò mai la propria fede. Nemmeno quando, sottoposto alla tortura della graticola e delle lamine infuocate, Daciano, al colmo dell'ira, lo fece distendere su dei cocci acuminati di vasi in terracotta. Nella notte, infatti, Vincenzo ebbe una visione di angeli, i quali gli assicurarono che il suo ingresso in cielo era ormai arrivato. Miracolosamente, i cocci di terracotta si trasformarono in petali di rose ed Egli si alzò a passeggiare e a cantare nella cella divenuta luminosa. L'indomani, era il 22 gennaio del 304 dopo Cristo, il perfido prefetto, ordinò che il Santo fosse liberato e rifocillato al fine di infliggergli nuovi e più atroci patimenti. I cristiani si premurarono di distendere il diacono su un letto morbido e accorrendo, da ogni parte, con fazzoletti da conservare come reliquie, ne detersero le piaghe. Trascorse alcune ore, Vincenzo spirò. Daciano si sentì beffato e fece di tutto per farne scomparire il Corpo, fino a legarlo dentro un sacco appesantito da un grosso masso e buttarlo in mare. Le acque, però, lo restituirono alla terra e il suo primo sepolcro fu la sabbia. Le reliquie di San Vincenzo, ritrovate dopo qualche tempo, furono deposte nella basilica eretta a Valencia (Spagna) in suo onore e attraverso una serie di peripezie, sarebbero giunte a Costantinopoli. Come siano arrivate ad Acate è ancora in fase di accertamento. La ricerca del parroco don Rosario Di Martino continua con molto impegno per acquisire ulteriori elementi biografici e certezze. |